No, Orsini non è stato “oscurato” da Wikipedia

10:00, Saturday, 26 2022 March UTC

Sono più di vent’anni che esiste Wikipedia, e più di vent’anni che almeno i nostri giornalisti non hanno ancora capito come funziona. (Oppure che non gliene importa un tubo, o ancora che pensano che mettere Wikipedia in un titolo porti più visualizzazioni e quindi più soldi…) Prendete questo articolo del Corsera e guardate il titolo: quello che si può capire è che Wikipedia ha oscurato la voce su Alessandro Orsini perché “ha detto cose scomode” o qualcosa del genere.

La verità è un’altra. Fino all’altra settimana, nonostante l’evidente narcisismo di Orsini, non esisteva nessuna voce di Wikipedia su di lui: insomma, non se lo filava nessuno. Dopo che il Messaggero l’ha – se non ho capito male – censurato, i suoi solerti seguaci hanno scambiato Wikipedia per un social network e hanno cercato di creare la sua fanpage, che è stata regolarmente e immediatamente cancellata in tutte le sue incarnazioni dai nomi improbabili (“Alessandro Orsini (giornalista)”, “prof Alessandro Orsini”…). Tutto qua.

La vera domanda è un’altra. Orsini è da considerarsi “enciclopedico”, cioè una personalità rilevante, secondo le regole di Wikipedia? Beh, probabilmente sì. Nel 2010 vinse infatti il Premio Acqui Storia che dovrebbe essere importante – uso il condizionale perché non è il mio campo, e non per nulla io non sono nemmeno entrato nella discussione che si sta avendo al riguardo. In questo caso, non appena il polverone mediatico si sarà posato, immagino che la voce su di lui verrà scritta, e queste polemiche saranno riportate con la corretta enfasi come per esempio nel caso di Donatella Di Cesare. La censura insomma non c’è, checché ne pensino i solerti seguaci di cui sopra e forse anche l’estensore dell’articolo…

27 marzo, festeggiamo il teatro libero

13:24, Thursday, 24 2022 March UTC

Si celebra domenica 27 marzo la Giornata Mondiale del Teatro, giunta nel 2022 alla sua sessantesima edizione. In questo periodo, più che mai, il teatro rimane una forma di espressione artistica di valore e meritevole di sostegno, da parte delle istituzioni culturali e dei cittadini.

Per questo, già nel 2020, nel pieno delle chiusure dei teatri legate alla pandemia, Wikimedia Italia lanciò il bando Wiki Teatro Libero, per sostenere le compagnie teatrali nella produzione di testi originali dedicati a figure e storie di internet.

In scena Wiki Teatro Libero

Sono state in tutto quindici le compagnie vincitrici del bando, che stanno portando in tournée per tutta Italia i loro testi originali.

Ispirati ad Aaron Swartz o alle donne impegnate nella scienza, ai temi di dibattito sull’internet contemporaneo o a Chelsea Manning, tutti i testi sono disponibili su Wikimedia Commons con licenza libera CC BY-SA. Questo significa che ognuno può leggerli, scaricarli e riadattarli, citando sempre gli autori originali.

Leggi i testi vincitori

Perché un bando per il teatro

Il bando Wiki Teatro Libero non è stato solo un modo per sostenere la produzione culturale in un momento estremamente critico, soprattutto per gli spettacoli dal vivo, ma anche per diffondere i valori del movimento Wikimedia sperimentando nuovi linguaggi.

Nell’ultimo anno gli spettacoli hanno infatti portato le storie e i principi alla base della conoscenza libera e condivisa non solo nei teatri, ma anche nelle scuole, coinvolgendo studenti e insegnanti. Molti progetti finanziati infatti hanno messo al centro i ragazzi e le ragazze, attraverso laboratori teatrali in cui sono stati invitati a ideare, scrivere e mettere in scena i propri spettacoli.

Il teatro quindi, ancora una volta, è diventato strumento di riflessione sulla storia e sul presente, immaginazione rivolta al futuro, riflessione su ideali e utopie, per diffondere la conoscenza condivisa e la cultura aperta a tutti.

Nell’immagine in alto: Berckheyde Stadtansicht mit Wanderbühne (tagliata), di Gerrit Adriaenszoon Berckheyde, Public domain, attraverso Wikimedia Commons

Nel testo: Matilde Facheris and Virginia Zini in A better place, di ATIR, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons

In che lingue si scrive Wikipedia in Marocco?

09:31, Thursday, 24 2022 March UTC

Sono arrivato in Italia quando avevo pochi mesi, nel 1998. Sono cresciuto in provincia di Como, in un paesino vicino al confine con la Svizzera. Dal 2013 ho ottenuto anche la cittadinaza italiana, ma sinceramente, più che italiano o marocchino, mi piace identificarmi come europeo.

Youssef Benbouzid ha 24 anni, studia a Milano e da quattro anni è un contributore attivo su Wikipedia in Italiano. Statisticamente fa parte delle terza comunità più numerosa di persone immigrate in Italia: quella marocchina. Una comunità che, per la sua esperienza di ventenne cresciuto in provincia, è meno compatta in Italia che in altri paesi europei. Con il risultato che quasi tutti gli amici di Yousef sono italiani e, appunto, le bandiere nazionali lasciano spazio ad altre forme di identificazione.

Yousef è il più grande di tre fratelli, ma è l’unico che, oltre all’italiano e al berbero – la lingua materna dei suoi genitori – parla anche l’arabo. Nel 2018, vista la sua passione per le lingue, per le ricerche e per la scrittura su argomenti ancora poco approfonditi, è diventato un volontario di Wikipedia: «Poter editare, dopo anni passati a leggere – racconta – è stato un colpo di fulmine. Mi si è aperto un mondo».

Imparare l’arabo via satellite

Se volete mettere alla prova un Wikipediano, chiedetegli di spiegare, possibilmente per iscritto, un argomento complesso. Potreste partire dai rapporti tra berbero e arabo: che lingua si parla in Marocco? Youssef potrebbe raccontarvi dell’indipendenza del paese, del rapporto ambivalente con la cultura francese, dei legami con il resto del Maghreb e di come l’arabo classico sia stato insegnato alla generazione di suo padre da insegnanti di origine siriana, egiziana o giordana.

Ma partiamo dell’inizio: in che lingua si parla e si scrive in Marocco? Youssef vi darà questa definizione del termine diglossia:

L’arabo  standard, identico in tutto il mondo arabo, è utilizzato esclusivamente a livello formale: nelle lezioni a scuola, nei telegiornali, nei discorsi ufficiali e in ambito letterario, ad esempio. In  ambito orale l’arabo standard non è mai usato. Nel corso dei secoli si  sono venute a formare diverse varianti linguistiche dell’arabo orale, che differiscono di regione in regione (e spesso anche di città in città) e  che si sono evolute anche venendo a contatto con varie lingue locali, tra le quali il berbero, l’aramaico e le  lingue neolatine.

Per questo motivo, racconta Youssef, quando era piccolo in casa si potevano sentire diverse lingue nell’arco di un pomeriggio: il berbero e l’italiano, usato per parlare con i genitori e i fratelli, spesso mescolando termini e espressioni, ma anche l’arabo classico dei telegiornali o quello marocchino dei telefilm, che la famiglia guardava alla TV attraverso il satellite.

Questo universo multilinguistico si riflette oggi  sugli interessi coltivati di Youssef su Wikipedia:

La mia attività su Wikipedia consiste maggiormente nello scrivere articoli relativi al mondo arabo, ma le fonti che uso sono spesso pubblicazioni accademiche che leggo in inglese o in francese, perché in italiano sono molto più scarse. In futuro vorrei contribuire anche alla Wikipedia in arabo, quando sarò giunto a padroneggiare la lingua a livello scritto in modo sufficiente.

La questione della lingua

Che lingue usare su Wikipedia non è un tema che riguarda solo le passioni o le preferenze personali, ma tutta la comunità globale di Wikipedia e gli utenti di internet in generale. Mentre infatti il movimento Wikimedia si interroga su come rappresentare nei progetti anche le lingue minoritarie, per favorire veramente l’accesso di tutti alla conoscenza, Youssef stesso segue questi dibattiti nelle lingue che conosce.

Circa un anno fa è ufficialmente nata la Wikipedia in tashelhit, la variante del berbero imparata in casa. E tra le pagine di Wikipedia in arabo emerge tutta la varietà linguistica e le sue implicazioni.

Tra gli utenti di Wikipedia in arabo – racconta Youssef – vedo spesso discussioni molto accese sulla variante da utilizzare: quella classica, usata nei contesti formali, o quelle regionali, usate nella vita vera? Molto spesso questi dibattiti si fanno accesi e si legano inevitabilmente a questioni politiche, storiche e religiose, oltre che a rivendicazioni di autonomia culturale o a riflessioni sull’unità del mondo arabo.
 

Il Marocco

Guardare al Marocco crescendo in Italia fa del paese d’origine della propria famiglia un posto legato alla scoperta e alla conservazione dei rapporti famigliari:

È sempre stato la meta delle vacanze estive, un’occasione per stringere e rafforzare i rapporti coi membri della mia famiglia estesa.La mia famiglia è originaria della zona di Agadir. Non badiamo molto alle formalità quando siamo insieme, ma ci piacciono i festeggiamenti. Quando ci riunionamo, sono molto belle le feste dedicate ai marabutti, figure equivalenti ai santi della cultura cristiana, mentre una tradizione della nostrea regione è quella del Bujlud, che consiste in un travestimento a base di pelli ovine.Uno degli aspetti che più mi rendono orgoglioso del mio Paese di origine è il suo ricco mosaico culturale. I marocchini, che fossero berberi o  arabi, ebrei o musulmani, aldilà delle proprie differenze etno-linguistiche, religiose e sociali, hanno saputo convivere e dar vita a una cultura ricchissima.

Nella foto: Bahia Palace large court (tagliata), di Val Traveler, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons

Dopo il primo articolo della scorsa settimana riguardo alla voce sull’invasione dell’Ucraina, ieri è stato pubblicato sul digitale (e credo oggi sul cartaceo) un articolo più completo (putroppo riservato agli abbonati).

Lasciamo da parte il fatto che continuino a parlare della fantomatica “Wikipedia Italia” (e dire che invece c’è “Wikipedia in lingua russa”… non riesco a capire quale sia per loro la differenza): evidentemente non ci arrivano. Partiamo invece dalle buone notizie: le affermazioni di Ruthven (il wikipediano intervistato dal giornalista) vengono riportate correttamente. Da questo punto di vista insomma non c’è nulla di cui lamentarsi. Quello che io ho trovato interessante è leggere nemmeno troppo tra le righe la posizione del gruppo GEDI, che è chiaramente antirussa. Insomma, il problema non mi parte tanto che Wikipedia sia o non sia un news media quanto che venga ritenuta non allineata con la scelta di campo di Elkann…

Poi vabbè, c’è il solito peana per la Treccani, dove «sono state aggiunte molte più informazioni di quelle che hanno trovato spazio, nelle tre settimane successive all’inizio del conflitto, su Wikipedia Italia.» Ho guardato ieri pomeriggio la voce relativa: ieri pomeriggio c’erano venti righe, dove tra l’altro si dice che «la Russia ha avviato una “operazione militare speciale” nel Paese, invadendo la regione di Kiev». In effetti hanno usato un punto di vista ancora più neutrale di quello wikipediano :-)

Per festeggiare i vent’anni delle licenze Creative Commons, è stato lanciato un concorso creativo aperto a tutti. Fino al 30 aprile sarà possibile partecipare inviando i propri lavori realizzati partendo da immagini, foto e riproduzioni di opere d’arte in pubblico dominio o rilasciare con licenze Creative Commons.

Love Culture? Share Culture!

“Ami la cultura? Condividila!” è il motto alla base del concorso, che vuole dimostrare come le opere d’arte disponibili a tutti possano funzionare come punti di partenza per creazioni originali, di qualità e sorprendenti.

Per partecipare sarà sufficiente prendere spunto dalle tante immagini presenti su Wikimedia Commons, Europeana, o Curationist. Senza dimenticare i tanti siti di musei che pubblicano riproduzioni in alta qualità delle loro opere, per favorire l’open access.

Ma non solo: le immagini potranno essere tagliate, modificate, mixate, completamente reinventate. In questo modo si potrà creare una nuova opera creativa, da pubblicare con licenza libera Creative Commons.

Le licenze Creative Commons

La grande libertà di intervento sulle immagini di opere d’arte è data proprio dal fatto che sono disponibili con licenze libere Creative Commons, che nella maggior parte dei casi permettono di riusare le opere per molti scopi, citando sempre l’autore.

Scopri come combinare immagini con licenze Creative Commons

Tutt’altro discorso invece per le opere in pubblico dominio. Dopo settant’anni dalla morte dell’autore, infatti, in Italia e in molte altre parti del mondo scadono i diritti di riproduzione sulle opere creative. Una volta entrate nel pubblico dominio, queste opere sono a disposizione di tutti, per produrre nuova cultura. Come spiegano gli ideatori del concorso:

Insieme possiamo mostrare come l’open access impatti positivamente sulla cultura contemporanea e sulla creatività fuori dai contesti istituzionali e come possa essere un vero motore per lo sviluppo culturale e sociale.

Rispondi all’appello: partecipa al concorso!

I premi

Per i primi tre posti sono previsti dei premi che vanno dai 250 dollari ai 1.000, oltre ad altre menzioni speciali e la possibilità di conoscere altri artisti e creativi, condividendo idee e conoscenza.

Immagine: OC-Remix-Contest_square, Creative Commons, CC BY 4.0

Che cosa si aspetta il mondo da Wikimedia

11:06, Friday, 18 2022 March UTC

Nelle settimane scorse sono stati pubblicati su Meta-Wiki i risultati del tour d’ascolto di Maryana Iskander, nuova CEO di Wikimedia Foundation. Il report comprende anche una sezione sulle tendenze di internet e delle tecnologie esterne al mondo Wikimedia, ma inevitabilmente connesse con esso. Essendo Wikipedia oggi letta più di 15 milioni di volte ogni mese, comprendere le tendenze e i bisogni dell’ecosistema digitale esterno ai progetti Wikimedia è fondamentale per mantenere il rilievo di questi progetti nella produzione di conoscenza libera anche nel futuro.

La domanda alla base della ricerca di questi trend è stata: di cosa ha bisogno il mondo dai progetti Wikimedia? Di seguito pubblichiamo la traduzione di alcuni estratti del report, che presenta tendenze che “possono presentare sia opportunità che sfide”. Il documento può essere letto per intero qui.

La ricerca è cambiata

Sia cosa gli utenti stanno cercando, che come lo cercano è fondamentalmente cambiato negli ultimi anni. Questi cambiamenti nelle abitudini di ricerca di informazioni molto probabilmente influenzeranno come i nuovi lettori arriveranno su Wikipedia e sugli altri progetti di conoscenza libera.

Gli utenti sempre più si aspettano risposte alle loro domande in contenuti “ricchi”, che comprendono immagini, video e audio. TikTok, Instagram e YouTube sono sempre più usati come punto di partenza per la ricerca di informazioni, spesso superando anche il traffico di Google, da sempre dominante. Per questo le piattaforme puntano a creare sempre più contenuti che incoraggino a mantenere al loro interno gli utenti.

Anche il modo in cui le persone cercano le informazioni sta cambiando. La voce sta diventando lo strumento principale, con il 30% delle ricerche fatte con uno strumento senza schermo.

Come piattaforma che affida la maggior parte del suo traffico alla ricerca di testo tradizionale, cosa significano questi cambiamenti nelle abitudini di ricerca per il nostro lavoro presente e futuro?

Andare incontro alla domanda globale di contenuti

Il numero di utenti di internet è raddoppiato negli ultimi dieci anni e la maggior parte della crescita è stata guidata dalle neo-connesse Asia e Africa. Tuttavia, più della metà dei contenuti di internet oggi sono in inglese, una lingua parlata dal meno del 20% della popolazione del mondo. Le piattaforme di internet stanno investendo risorse nel creare contenuti originali in lingue locali, per rimanere competitive.

Per farlo, puntano sul pagamento dei creatori di contenuti e sulle traduzioni fatte dall’intelligenza artificiale.

Come possono i progetti Wikimedia assicurare che le mancanze di conoscenza nelle lingue locali siano colmate? Come possiamo continuare a aumentare la consapevolezza sul nostro modello di produzione dei contenuti guidato dalla comunità, differente da quello di altre piattaforme?

La disinformazione cresce

La disinformazione sta aumentando, con un raddoppio di fonti non affidabili condivise sui social tra il 2020 e il 2019. Cambiano le tecnologie e le abitudini degli utenti, compresa la lettura online che è sempre più caratterizzata da velocità e non linearità.

Le piattaforme tecnologiche stanno prendendo tre approcci principali per affrontare la crisi di disinformazione – molti presi in prestito dai processi di Wikipedia o basandosi su Wikimedia per la verifica dei fatti – ma con risultati limitati.

Questi processi comprendono il pagamento di moderatori a completamento degli algoritmi, il riconoscimento di Wikipedia come fonte di verifica dei fatti e lo sperimentare con la moderazione dei contenuti basata sulla comunità, tipica dei progetti Wikimedia.

Che ruolo, se c’è, dovrebbe giocare il movimento Wikimedia nell’affrontare la disinformazione in un ecosistema della conoscenza più ampio?

Uno sguardo al futuro

Ciascuno di questi trend potrebbe dare forma al ruolo dei progetti Wikimedia in un ecosistema informativo più ampio. In un futuro sempre più complesso e interconnesso, dovremo anticipare altri fattori di influenza, compreso il panorama mutevole dell’accesso a internet e le regolamentazioni di internet da parte dei governi, che cercano di regolamentare questioni che vanno dalla privacy, alla moderazione dei contenuti, fino all’influenza dei social media sulla disinformazione.

In questo quadro di tendenze, minacce e opportunità, i Wikimediani conservano un punto di vista positivo:

Con oltre due decenni di esperienza alle spalle, questo movimento può continuare a contribuire in maniera significativa e positiva alla raccolta e condivisione di conoscenza libera.

Nella foto: Sabtang Batanes, Ranieljosecastaneda, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons

Martedì avrò parlato per una ventina di minuti con il giornalista che ha pubblicato questo articolo, e un altro wikipediano che era più addentro di me avrà ancora aggiunto qualcosa: eppure l’articolo afferma che è stata “Wikipedia Italia” a pubblicare la sua voce sull’invasione russa dell’Ucraina. Sono più di quindici anni che cerchiamo di spiegare che esiste Wikipedia in italiano (o se preferite in lingua italiana) e non Wikipedia Italia, ma niente da fare, non riusciamo a fare entrare il concetto.

Ma la cosa che mi lascia (e mi aveva lasciato martedì) più perplesso è un’altra: l’incredulità perché la versione italiana di Wikipedia era l’unica che non aveva una voce sull’invasione e si limitava a una bozza, incredulità che si avvicinava a una bocciatura piena del modello it.wiki. Basta vedere la terminologia: la voce italiana “appare sicuramente più scarna”, e non per esempio “è sicuramente più minimale”, con un aggettivo più neutro. (Per la cronaca: dire che la voce “è rimasta praticamente nascosta agli occhi dei lettori” è corretto, ed essendo io tanto buonino non mi lamento neppure per il grassetto). Scrivere di una guerra in corso è qualcosa di estremamente scivoloso: le notizie si susseguono e non c’è la possibilità di verificarle in modo indipendente. Certo, che ci sia stata un’invasione è fuori d’ogni dubbio, così come altre notizie. Certo, la struttura stessa di Wikipedia permette di emendare eventuali errori. Ma guardiamoci in faccia: è forse Wikipedia un news media? Evidentemente no. Ci sarebbe al più Wikinotizie, ma non se lo fila nessuno. Non vedo insomma nessun guaio se si evita di scrivere di tutto e di più su questa guerra: tanto ai lettori non mancano certo altre fonti a cui rivolgersi. Potremmo al più dire che si va su Wikipedia per cercare un punto di vista neutrale, che fino a martedì sera mancava; ma proprio perché io opero da una vita su Wikipedia vi posso assicurare che pur con le migliori intenzioni di tanti contributori non è affatto detto che su temi come questo si possa raggiungere l’oggettività in tempr reale.

Mi resta solo un dubbio: perché questa stroncatura specifica arrivi da un giornalista, che in fin dei conti ha tutto da guadagnare nel non essere in concorrenza su Wikipedia a riguardo di questo tema. Mah…

Sono stati pubblicati i vincitori del Bando Musei, Archivi e Biblioteche, promosso da Wikimedia Italia in collaborazione con ICOM Italia e Creative Commons Italia per favorire la condivisione e il libero riuso di immagini, dati e contenuti conservati dalle istituzioni culturali.

Sette progetti vincitori su trentadue proposte ricevute, per un totale di 28.000 euro messi a disposizione da Wikimedia Italia per favorire la produzione di conoscenza libera. Dall’Emilia Romagna alla Sicilia, ecco i progetti ritenuti più meritevoli dalla commissione del bando.

Far conoscere l’opera dei pupi nel mondo

A Palermo verrà portato avanti un lavoro di valorizzazione del Museo internazionale delle marionette Antonio Pasqualino, che conserva 5000 opere, figure animate e oggetti scenici appartenenti non solo alla tradizione dei pupi siciliani, ma anche a culture di altre parti del mondo. L’opera dei pupi è stata la prima pratica culturale italiana ad essere iscritta dall’UNESCO nella lista dei “Capolavori del patrimonio orale e immateriale dell’umanità”, nel 2001.

Grazie al progetto, verranno migliorate le voci su questi argomenti su Wikipedia in italiano, francese, tedesco e spagnolo. Inoltre, verrà elaborato un itinerario turistico disponibile su WikiVoyage e su altri canali, per promuovere la scoperta di questa tradizione da parte di un pubblico internazionale, favorendo la pratica del turismo lento e la scoperta di aree della Sicilia meno note.

Le mappe settecentesche anche su OpenStreetMap

Ad Osimo, nelle Marche, l’Istituto Campana per l’Istruzione Permanente lavorerà alla digitalizzazione e pubblicazione su Wikimedia Commons, con collegamenti a OpenStreetMap, di 18 mappe geografiche e vedute di città e di 300 disegni architettonici e stampe datati tra il XVIII e il XIX secolo.

Fondato nel 1715, oltre ad aver ospitato due futuri Papi all’interno del proprio collegio, l’istituto comprende oggi una biblioteca e un archivio storico. Il patrimonio artistico e la storia dell’istituto verranno, grazie alle attività connesse al bando, raccontati più nel dettaglio su Wikipedia e sui progetti fratelli.

Online le pergamene conservate dal piccolo museo laziale

A Trevi nel Lazio, in provincia di Frosinone, l’archivio storico della parrocchia di Santa Maria Assunta digitalizzerà 23 pergamene risalenti al periodo compreso tra il XIII e il XVI secolo, quando la cittadina era una sede vescovile. I documenti, molto antichi e solo in parti esposti nel piccolo museo parrocchiale, offrono informazioni importanti sulla storia locale, ma anche sulle famiglie Caetani e Colonna, al centro della storia di Roma e dell’Italia.

Le pergamene serviranno anche da fonte per voci di Wikipedia e per inserire nuovi dati geografici su OpenStreetMap, oltre che per offrire nuove occasioni di riscoperta della storia del territorio, attraverso eventi e visite guidate del paese.

Aprire il catalogo delle opere di Ugo Guidi

A Forte dei Marmi, in Toscana, le opere dello scultore Ugo Guidi sono conservate nell’omonima casa museo, insieme ai documenti che testimoniano i suoi rapporti con grandi artisti del Novecento, da Treccani e Carrà a molti altri. Tutte queste opere, già catalogate dal museo, saranno digitalizzate e rese disponibili su Wikimedia Commons grazie al progetto finanziato da Wikimedia Italia.

Non è frequente che le riproduzioni di opere di artisti contemporanei vengano pubblicate sui progetti Wikimedia con licenza libera per scelta delle istituzioni che le conservano. La scelta della Casa Museo Ugo Guidi e degli eredi dello scultore è quindi in controtendenza e potrebbe essere d’esempio per tanti altri musei e gallerie italiani.

Raccontare i grandi tenori con nuove foto d’epoca

La Biblioteca del Conservatorio “Giuseppe Nicolini” renderà disponibile su Wikimedia Commons la collezione di 171 fotografie del maestro di canto Corrado Pavesi Negri. Scattate tra il 1887 e il 1915, le foto ritraggono importanti cantanti lirici, come Amedeo Bassi e Italo Cristalli. Oltre ad essere collegate a Wikidata, le foto verranno utilizzate anche per illustrare le voci di Wikipedia esistenti o create nell’ambito del progetto.

NILDE si collega a OpenStreetMap

La Biblioteca dell’Area della Ricerca del CNR di Bologna gestisce NILDE, un software web pensato per favorire la condivisione di documenti tra biblioteche italiane e straniere, con un’attenzione particolare alla ricerca scientifica, per un totale di 900 strutture e 90.000 utenti.

Grazie al bando, partendo dall’Emilia Romagna, la biblioteca potrà iniziare la mappatura su OpenStreetMap di tutte le istituzioni aderenti al network, includendo anche informazioni sulle biblioteche con valore storico e architettonico.

Il lavoro dei bibliotecari di Salerno per valorizzare la ricerca

Lavorando sul grande database Wikidata, leggibile sia dagli esseri umani che dalle macchine, i bibliotecari e le bibliotecarie dell’Università degli studi di Salerno, in collaborazione con il Gruppo Wikidata per Musei, Archivi e Biblioteche (GWMAB), collegheranno i dati dei ricercatori e docenti dell’ateneo con quelli già esistenti online, sparsi tra repository, cataloghi e voci enciclopediche. L’obiettivo è rendere più facilmente disponibili e accessibili sul web i lavori di ogni studioso.

Verranno anche rese disponibili nuove immagini su Wikimedia Commons e ampliate voci su Wikipedia legate a queste immagini.

Nell’immagine: The Sicilian orange seller (1870), di Vito D’Ancona, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons

Wiki Loves Marche: la mostra fotografica

16:38, Monday, 14 2022 March UTC

Domenica 20 marzo inaugura la mostra fotografica dedicata ai vincitori del 2021 di Wiki Loves Marche, edizione locale del concorso fotografico internazionale Wiki Loves Monuments.

La prima tappa della mostra itinerante, che toccherà varie città e diversi paesi delle Marche, sarà Villa Ficana, quartiere di Macerata. Gli scatti vincitori, scelti tra quelli dedicati a diversi monumenti delle Marche, saranno infatti esposti per la prima volta all’interno dell’Ecomuseo delle Case di Terra di Villa Ficana, dal 20 marzo al 3 aprile 2022.

Villa Vitali e Palazzo dei Priori a Fermo, la rotonda sul mare di Senigallia e la torre civica di Ostra sono solo alcuni dei monumenti i cui scatti, caricati su Wikimedie Commons, si potranno apprezzare in mostra.

L’ecomuseo delle Case di Terra

Villa Ficana è un borgo di case in terra e paglia, che negli ultimi anni è stato riqualificato, conservando le tracce del passato contadino e integrandosi con l’ambiente urbano e naturale circostante. L’ecomuseo delle Case di Terra di Villa Ficana vuole essere un punto di riferimento per chi si occupa di terra cruda e architettura sostenibile, creando collegamenti tra la tradizione del passato e la sperimentazione del futuro.

Altre tappe della mostra nelle Marche

Non si ferma però in provincia di Macerata la mostra di Wiki Loves Marche. Dal 7 aprile all’8 maggio infatti sarà ospitata dall’Archivio di Stato di Ascoli Piceno. In seguito invece sarà possibile visitarla a Jesi, e Belforte del Chienti, paese che ospita anche l’arco di trionfo per Papa Pio VI, ritratto nella foto vincitrice dell’edizione 2021 del concorso locale.

Nell’immagine: Tramonto sulla Rotonda di Senigallia, di Caba2011, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

Premio nazionale per le competenze digitali

15:07, Thursday, 10 2022 March UTC

Sono ventidue i progetti finalisti alla prima edizione del Premio nazionale per le competenze digitali. Fino al 15 marzo tutti possono votare i progetti che ritengono più meritevoli, che serviranno da esempi per lo sviluppo di nuove iniziative future.

Scopri e vota i progetti finalisti

Chiamata a fare una selezione tra ben 120 iniziative candidate, la giuria dedicata ha individuato i 22 finalisti, suddivisi in quattro categorie. Ora spetta ai cittadini la votazione sulla piattaforma ParteciPa, per stabilire la menzione speciale del “pubblico online” e concorrere all’individuazione dei vincitori del premio. Per ciascuna categoria, infatti, le due iniziative con il maggior numero di voti popolari riceveranno un bonus punti che andrà a sommarsi al punteggio già attribuito dalla giuria nella prima fase di selezione.

I vincitori saranno proclamati in occasione di un evento di premiazione in programma a inizio aprile.

Nell’immagine: Gamenian Team, di Jason Krüger, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons

Diritti umani e digitali: la conferenza RightsCon

16:09, Wednesday, 09 2022 March UTC

RightsCon è l’evento annuale più importante a livello globale per discutere di diritti umani nell’era digitale. Nata nella Silicon Valley nel 2011, questa conferenza da oltre dieci anni riunisce attivisti, rappresentanti della società civile e dei governi, istituzioni e aziende, per dare forma insieme al futuro del mondo digitale, mettendo al centro della discussione i diritti delle persone.

Per il 2022 la conferenza si svolgerà interamente online, dal 6 al 10 giugno. Fino all’11 marzo è possibile prenotare i propri biglietti a prezzo ridotto, anche se lo staff organizzatore ha una politica di prezzo dei biglietti che vuole essere il più possibile favorevole a far partecipare persone interessate indipendentemente dalle loro risorse economiche.

Scopri come partecipare

Di cosa si parla a RightsCon

Sebbene il programma sia in costruzione, l’obiettivo della conferenza è toccare tutti i temi che riguardano l’intersezione tra diritti umani e mondo digitale. Protezione dei dati, intelligenza artificiale, privacy e sorveglianza, gestione dei contenuti, connettività e sicurezza digitale sono solo alcuni dei temi toccati dalle diverse sessioni dell’evento.

Nel 2022 sono state raccolte oltre 1170 proposte per interventi all’interno della conferenza, da 112 paesi differenti.

I risultati per i diritti umani

Negli anni scorsi, RightsCon ha sviluppato nuove risorse e campagne e stabilito degli standard per i diritti umani in ambito digitale, lanciando iniziative governative e creando coalizioni per combattere garantire il libero accesso a internet in tutto il mondo ed evitare discriminazioni legate allo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale.

Leggi il report 2021

Nell’immagine: RightsCon-2, di Brahim Guedich, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons

ArcheoFOSS, aperta la call for panels

13:42, Wednesday, 09 2022 March UTC

ArcheoFOSS è l’evento dedicato all’open science applicata all’archeologia. La sedicesima edizione del convegno sarà ospitata a Roma, dalla Sapienza, dal 22 al 24 settembre 2022, in collaborazione con il centro di Ricerca Interdipartimentale Digilab della Sapienza.

Fino al 31 marzo è aperta la call per presentare le proprie proposte di interventi.

Scopri come partecipare

Ricercatori e studiosi potranno presentare la loro visione e condividere la propria esperienza su argomenti specifici di ricerca in archeologia, coinvolgendo colleghi e studenti universitari nella discussione.

Cosa proporre per ArcheoFOSS

Si accettano proposte originali sia dai membri della comunità di ArcheoFOSS che da studiosi e professionisti esterni, che vogliano discutere questioni di ricerca ed esperienze professionali e stimolare una generale discussione sui temi dell’open science e dell’archeologia.

Uso di software open source, formati aperti, metodologia condivisa e aperta per i processi di ricerca e di comunicazione dei risultati sono alcuni degli argomenti che potranno affrontare i proponenti dei panel. Le scadenza per presentare le proprie proposte è il 31 marzo.

Archeologia e progetti Wikimedia

Sui progetti Wikimedia esiste a livello internazionale il gruppo WikiClassic, che si occupa di produrre conoscenza libera legata all’archeologia. Anche Wikimedia Italia sostiene le attività del gruppo, con un progetto finanziato dal bando volontari 2022 che vuole organizzare le foto e i dati sulle iscrizioni ritrovate in Italia già presenti su Wikidata.

Immagine di ArcheoFOSS, CC0, Pubblico Dominio

Si parla e si scrive di Ucraina anche su Wikipedia in Italiano. La comunità di volontari ha infatti lanciato nei giorni scorsi una maratona di scrittura dedicata alle voci del patrimonio artistico e naturale ucraino.

Il patrimonio e le identità culturali – spiegano gli organizzatori – possono giocare un ruolo fondamentale nelle relazioni tra i popoli. Non come generatori di conflitti e sopraffazioni ma, al contrario, di mutuo interesse, dialogo e reciproca comprensione e interrelazione.

Per questo tutti sono invitati a contribuire alla scrittura di voci dedicate all’Ucraina, ma anche a caricare foto su Wikimedia Commons, creare itinerari turistici su Wikivoyage o lezioni su Wikiversità. Uno sforzo comune, diffuso e collaborativo, per far vincere la conoscenza e la condivisione sulla violenza.

Come in ogni occasione, gli utenti possono scrivere di qualsiasi argomento, ma il suggerimento è di concentrarsi su voci legate alla cultura ucraina in senso lato: artisti, tradizioni popolari, monumenti e musei, aree naturali.

Tante iniziative per l’Ucraina

Lanciato prima dello scoppio della guerra, fino al 17 marzo 2022 è in corso anche il Mese della Diplomazia Culturale dell’Ucraina 2022, concorso di scrittura che si pone l’obiettivo di creare e migliorare voci sulla cultura e sulle personalità dell’Ucraina nel maggior numero possibile di edizioni linguistiche di Wikipedia.

In occasione dell’8 marzo e fino alla fine del mese, invece, il progetto WikiGap 2022 è dedicato interamente alla scrittura biografie di donne ucraine.

Scopri come partecipare su Wikipedia

Nell’immagine, collage: EuroUcrania, di Jlechuga86, CC BY 3.0, attraverso Wikimedia Commons + Успенський собор взимку, аерофото, di Ekaterina Polischuk, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons

No, Wikipedia non è il tuo spot pubblicitario

03:04, Friday, 28 2022 January UTC

Premetto che in questo post non scriverò nulla che possa farvi risalire alla persona in questione. (Ok, con un minimo di ricerca uno ci può arrivare lo stesso. Ma il mio scopo non è mettere alla berlina una persona bensì un ragionamento).

Una voce di Wikipedia è stata aggiornata dicendo che è stata apposta una targa commemorativa della persona di cui la voce tratta, con collegamento a un sito dove si racconta il perché e il percome della cosa. Fin qui nulla di male. Da un po’ di tempo, la persona che ha fatto mettere la targa sta cercando di aggiungere all’interno della voce che “L’iniziativa della targa è stata presa da [Nome Cognome]” e io (ma non solo io: semplicemente quella è una delle voci che di solito controllo) tolgo quella frase. La persona in questione insiste, scrivendo nell’oggetto della modifica frasi come «on capisco perché continuate a cancellare una informazione importante della bio. Sono giorno che sto provando ad aggiungere, in fondo, che l’iniziativa a targa è stata curata da [Nome Cognome]. Come potete leggete nell’articolo (nota numero 4).» Non pago di questo, è andato a cercare qui sul blog il modulo per scrivermi, mi ha mandato un messaggio su Instagram ed è andato a chiedere al mio editore come contattarmi. Presumo mi abbia scritto anche su Facebook, ma è dal 22 che non mi collego, visto che non ho tutta quella voglia di attivare la 2FA. (Ah: la mia politica è di non rispondere fuori da Wikipedia alle cose di Wikipedia: non tanto per non mischiare i flussi ma perché le risposte non sarebbero pubbliche. No, non ha mai scritto su Wikipedia, né sulla mia pagina utente né sulla pagina di discussione relativa a quella voce. D’altra parte in questo momento è bloccato in scrittura su quella singola pagina con motivo “Wikipedia è un’enciclopedia, non un modo per farsi pubblicità a costo zero. Al lettore interessa sapere che è stata posta una targa. Poi se vuole apre il link con la fonte.”, quindi la risposta ce l’ha già).

La mia domanda, ammetto retorica, è “ma tu, caro [Nome Cognome], credi davvero davvero davvero che importi a qualcuno che non sei tu sapere chi ha fatto mettere una targa commemorativa? E se è così, non facevi prima a scriverlo in fondo alla targa in questione?”

The Ludwig Wittgenstein Project

03:04, Friday, 21 2022 January UTC

Dal primo gennaio 2022 le opere di Ludwig Wittgenstein sono nel pubblico dominio, almeno in Europa. Sì, nonostante tutti i lacci e lacciuoli – tra qualche giorno magari vi racconto qualcos’altro al riguardo – cose come queste capitano ancora. Per festeggiare, un gruppo internazionale di traduttori ha creato The Ludwig Wittgenstein Project, un progetto per tradurre le opere del filosofo tedesco e pubblicarle con licenza libera. (Nel caso non lo sapeste, se le opere di un autore sono sotto copyright non è possibile tradurle liberamente, perché il copyright copre anche i diritti di traduzione) Noi di Wikimedia Italia abbiamo contribuito finanziariamente al progetto, e ne siamo fieri. (Che poi io non leggerei mai Wittgenstein, ma è il principio che conta!)

Il primo MOOC italiano su Wikipedia!

03:04, Thursday, 23 2021 December UTC

Sono felice di segnalare che l’Università di Padova ha aperto le iscrizioni alla prima edizione del MOOC di Wikipedia, sviluppato con la collaborazione di Wikimedia Italia.

Il corso inizierà il 15 gennaio 2022: è gratuito e aperto a tutti, anche se è pensato principalmente per chi vuole contribuire all’enciclopedia libera. La piattaforma che ospita il corso è EduOpen, creata da una federazione delle maggiori università italiane: notate che anche se in genere i contenuti EduOpen sono rilasciati con una licenza CC-BY-NC-SA, in questo caso specifico il materiale sarà disponibile anche per riuso commerciale, quindi con licenza CC-BY-SA.

Mi affretto ad aggiungere che io non sono stato coinvolto in nessun modo nella creazione di questo corso. Inoltre, essendo una nostra “prima assoluta”, non garantisco che sia perfetto: sono però certo che sia già buono e che, in perfetto stile wiki, gli errori e le imprecisioni verranno corrette in futuro.

Cosa ne sapete del Digital Service Act?

13:04, Friday, 19 2021 November UTC

Come forse vi sarete accorti, i lavori del Parlamento e della Commissione Europea non sono mai molto trattati dai nostri media, salvo all’ultimo momento quando i giochi stanno per essere fatti. Lo stesso sta capitando per il Digital Service Act, che insieme al suo gemello Digital Market Act intendono rivedere da zero il modo in cui il mercato digitale funziona in Europa. Tra l’altro, la proposta sarà di fare un regolamento (come nel caso del GDPR) e non una direttiva, il che significa che non ci sarà la fase di recepimento negli ordinamenti nazionali ma verrà direttamente applicato, tipicamente due anni dopo la promulgazione per dare tempo ai vari attori di adeguarsi.

L’iter sta andando avanti da un po’: per il momento ci sono i pareri dei parlamenti nazionali (qui il nostro), quello della Commissione e le prime discussioni nell’Europarlamento. I principi su cui il DSA si basa sono condivisibili: tutelare di più i consumatori finali e allo stesso tempo ribadire che “ciò che è illecito offline deve essere illecito anche online”. Soprattutto per quanto riguarda il primo punto, ricordo che storicamente è l’Europa a trainare il pianeta per quanto riguarda i diritti dell’utente finale, con gli USA che tipicamente arrancano e arrivano con qualche anno di ritardo (Russia, Cina, India, Brasile e resto del mondo: non pervenuti). Purtroppo però, come racconta Bruno Saetta su Valigia Blu, non tutto sta andando così bene. Il tiro alla fune tra i produttori di contenuti che non vogliono che la pirateria tagli i loro guadagni e le lobby delle grandi piattaforme social che per trattenere i propri utenti caldeggiano le loro interazioni e i caricamenti di materiale lascia come sempre a terra chiunque abbia un modello diverso di gestione.

Stavolta se ne è accorta persino la Wikimedia Foundation, che di solito è totalmente US-centrica. In pratica, la proposta attuale dell’Europarlamento dà tempi molto ristretti per la cancellazione di materiale illegale da parte delle piattaforme, e riduce molto il concetto “finché io non so che da me c’è qualcosa di illegale io non sono fuorilegge” che è alla base dell’attuale direttiva eCommerce. Il risultato pratico di tutto ciò è che molto probabilmente saranno implementate procedure automatiche tarate in modo da essere certi di eliminare contenuti illegali: se poi ci scappa un po’ di roba che illegale non era, le si rubricherà come necessari effetti collaterali. Peccato che Wikipedia non funzioni con strumenti automatici, ma con controlli umani. I controlli tipicamente funzionano anche bene: qual è l’ultima volta che avete trovato al suo interno contenuti sotto copyright? Certo, ne arrivano sempre; ma la comunità non aspetta che qualcuno segnali la cosa, e se leggono o guardano qualcosa che puzza di materiale protetto vanno alla caccia dell’eventuale originale e poi cancellano (anche dalla cronologia della voce, le cose si fanno per bene).

Quello che chiediamo è un testo finale che tenga conto che ci sono modi diversi per arrivare allo stesso obiettivo finale – togliere il materiale illegale – e che non si può pensare di operare con il principio one-method-fits-all. Il guaio è che non abbiamo la potenza di fuoco per fare lobbying come i grandi operatori di cui sopra, e l’unica nostra possibilità è far sentire la nostra voce sui media attualmente silenti; i miei ventun lettori putroppo non fanno massa critica. Per i curiosi, il testo della lettera aperta della Wikimedia Foundation si trova sul loro sito: (per i diversamente anglofoni, c’è la traduzione) trovate anche una citazione del vostro affezionato tenutario. Provate a dare un occhio in giro su cosa si leggerà, e speriamo in bene!

Cina e Taiwan come lupo e agnello

02:04, Friday, 08 2021 October UTC

Avete tutti letto della prova di forza della Cina, che in questi giorni ha ripetutamente violato lo spazio aereo taiwanese. Ma probabilmente non avete letto che per la seconda volta di fila la Cina ha posto il veto sull’ingresso di Wikimedia Foundation come osservatore in WIPO, l’organismo sovrannazionale che si occupa della proprietà intellettuale e del copyright.

Non che un osservatore – che per definizione non ha diritto di voto – possa fare molto; però la Cina ha sostenuto che i progetti collegati a Wikimedia «contengono contenuti errati e favoriscono disinformazione in merito alla politica del “One-China-principle” che vede Taiwan come parte della Cina.». D’altra parte, già Wikipedia è generalmente bloccata in Cina; però bisognerà pur cominciare a bloccarla nel resto del mondo, no?

I 4 minuti più lunghi della mia vita

16:58, Saturday, 21 2021 August UTC

Quest’anno Wikimania, la conferenza internazionale dei progetti Wikimedia, cancellata nel 2020 e riproposta in una chiave completamente rivista nel 2021, ha avuto un relatore in più. 😀

Il mio intervento si è tenuta in una sessione riguardante le collaborazioni tra Wikimedia e università insieme alla prof.ssa Maristella Gatto, con cui organizziamo i progetti universitari ad Uniba. È stato difficile condensare in 10 minuti 280 studenti e tante ore di lavoro, ma ce l’abbiamo fatta.

La sessione pre-registrata è andata abbastanza bene, complici anche i numerosi tentativi e fallimenti fatti in mattinata (ecco qui spiegato il titolo del post), forse me la sono cavata un po’ più peggio sulle domande. 😀

Parlando dell’evento in generale, ho partecipato a qualche altra sessione ed è stato divertente incontrare altri Wikimediani da tutto il mondo, in particolare ho molto gradito il confronto con gli altri organizzatori di Wiki Loves Monuments.

Il sistema usato però (che non era software libero) non mi è piaciuto molto, l’ho trovato parecchio disorientante e dispersivo. Tirando le somme, penso che avrei potuto fare molte più conoscenze e conversazione. Spero prima o poi di poter partecipare ad una Wikimania di persona!

Se avete piacere a vedere il mio intervento, trovate il video sopra. Qui invece c’è qualche materiale utile, mentre prometto solennemente di pubblicare il prima possibile il link alla registrazione del doppiaggio in tempo reale in Arabo, Francese, Tedesco, Spagnolo, Russo e Cinese che Wikimedia Foundation ha messo a disposizione per diversi eventi della conferenza, compreso il mio!

Senza ritegno

02:04, Monday, 09 2021 August UTC

Tra le varie misure approvate giovedì scorso dal consiglio dei ministri c’è anche il decreto legislativo attuativo della direttiva europea sul copyright, quello per cui si erano dimenticati di audire Wikimedia Italia e Creative Commons Italia. Tra i toni trionfalistici del comunicato possiamo leggere

Nel recepire la direttiva europea, il decreto prevede, nello specifico, che il materiale derivante da un atto di riproduzione di un’opera di arte visiva, per la quale sia stata superata la durata della tutela, non sia soggetto al diritto d’autore o a diritti connessi, a meno che non si tratti di opera originale frutto della creazione intellettuale propria del suo autore. Ciò permette la diffusione, la condivisione online e il libero riutilizzo di copie non originali di opere d’arte divenute di pubblico dominio

Di per sè questo è quanto scritto nell’articolo 14 della direttiva europea, e quindi non c’è nulla di strano, anche se finché non sarà pubblicato il testo del d.lgs non possiamo sapere se si sono ricordati di aggiungere i palazzi… Quello che però viene esplicitamente aggiunto nel comunicato è l’inciso

ferme restando le altre discipline specifiche in materia di utilizzazione di immagini digitali del patrimonio culturale.

A parte l’obbrobrio di “utilizzazione” – già “utilizzo” per me è troppo… – volete una traduzione in italiano? “Codice dei beni culturali e del paesaggio“: per gli (eventuali) amici, il Codice Urbani poi modificato da Art Bonus. Se andate a leggere gli articoli 107 e 108 scoprirete che continuerà a essere richiesto un canone per fare foto, visto che il canone non ha a che fare con il diritto d’autore. Io non sono così esperto di diritto da poter affermare con sicurezza che l’Unione Europea potrebbe far partire una procedura di infrazione, visto che la direttiva chiedeva per l’appunto la libertà di uso; ma sicuramente parlare di “libero riutilizzo” è una presa per i fondelli. Sapevàtelo.

Aggiornamento: (11 agosto) qui trovate il testo approvato.

Giuseppe De Donno, Wikipedia e i Poteri Forti

07:09, Tuesday, 03 2021 August UTC

Un suicidio è sempre qualcosa di terribile, e non avrei avuto nessuna intenzione di parlare del povero Giuseppe De Donno. Lo faccio perché quello che sta succedendo in questi giorni è davvero preoccupante. Che nel paesino di montagna dove sono stato nei giorni scorsi qualcuno avesse attaccato al muro di cinta di una casa una sua eulogia è strano ma non certo preoccupante. Quello che sta succedendo con Wikipedia lo è di più.

Domenica sull’account di Wikimedia Italia (che non c’entra nulla con la gestione di Wikipedia, ma continua a essere contattato per la qualunque) mi è arrivata una mail che diceva (in inglese…) “Recurring Donation to be stopped IMMEDIATELY”. È abbastanza comune che qualcuno ci dica che non ci manderà più soldi perché “noi” abbiamo cancellato qualche voce, e io almeno non ho il coraggio di dire che a noi di quei soldi non arriva neppure un centesimo e che comunque non siamo stati noi a cancellare alcunché. Come forse avete intuito, la voce in questione era quella su De Donno. Lunedì mattina la situazione stava degenerando, con gente su Facebook che scriveva cose tipo “Noi con Trump – 🇮🇹 UN “APPLAUSO” A WIKIPEDIA CHE HA CANCELLATO LA PAGINA DI DE DONNO 🇺🇸 È UNA VERGOGNA. #Wikipedia ha CANCELLATO la pagina del Dott. De Donno. Altro che “enciclopedia libera”. Fate girare sto schifo. Non cancelleranno la memoria di chi non può essere dimenticato. “; “Bastardi fino al midollo…..ma pagherete Tutto!!!!!!!”; “chi ha in mano il potere non paga mai le sue misfatte”.

Ho allora dato un’occhiata a cosa stava succedendo. In effetti era stata impedita la creazione da parte di utenti non registrati, ma nella giornata precedente c’erano stati vari tentativi di creare una voce, tutti cancellati da un qualche sysop di Wikipedia. Ma le cose interessanti erano due. Innanzitutto, tutto era cominciato sabato 31 luglio – notate che la notizia della morte del medico è del 28. Prima c’erano state due cancellazioni, una del 2012 su un omonimo e una del 2018 di testo “Ciao sono [nome e cognome omessi, ma che non c’entrano nulla con De Donno]”. Detto in altri termini, a nessuno era mai venuto in mente di scrivere di De Donno prima della sua morte: anzi c’erano voluti ancora tre giorni prima che qualcuno pensasse “parliamo di lui su Wikipedia”. Questo nonostante qualcuno avesse commentato il 1. agosto “Perché cancellate l’esistenza di un Medico come il dr De Donno? Fino a qualche giorno fa c’era la sua biografia, bibliografia, scoperte, storia !”. Dilatazione dei tempi, evidentemente.

Ma ancora più interessante è il fatto che i testi cancellati erano di due tipi: o informazioni assolutamente inutili come – cito verbatim il testo completo – “Inventore della cura anticovid al plasma. Trovato morto nella sua abitazione.” oppure testi copincollati dall’Ansa o da Repubblica. Insomma, incapacità totale di distinguere Wikipedia da Facebook: l’enciclopedia è vista come un altro tipo di social network. Quando poi ieri mattina un utente registrato ha scritto la voce in modo corretto, evitando di violare il copyright e cercando informazioni da varie fonti – come i risultati dei trial clinici che purtroppo mostrano come il plasma iperimmune non dia risultati pratici nel curare il covid – si va da commenti come «Chiaramente la pagina sul medico è riapparsa modificata, sminuendone il profilo» a «la pagina del dott. De Donno su Wikipedia è “improvvisamente” riapparsa come per magia!, da «WIKIPEDIA SFREGIA DE DONNO PRIMA DEL FUNERALE» (il maiuscolo è loro) a «De Donno ucciso una seconda volta e questo è accaduto nel mondo virtuale». (Questi sono i primi articoli che ho trovato con una ricerca “De Donno”+”Wikipedia”, non prendetelo come un controllo puntuale)

Credo nella buona fede di molti di coloro che si stanno lamentando con Wikipedia, anche se non metterei comunque la mano sul fuoco per almeno due degli autori degli articoli citati sopra. Ma questa non è affatto una bella notizia. Prendendo a prestito il loro lessico, i Poteri Forti impediscono alla gente di usare il cervello e comprendere i testi che leggono quando sono appena più complicati di una serie di slogan. Nessuno mi toglie però dalla testa che tutta o quasi questa gente sia eterodiretta: leggere il tweet di Diego Fusaro citato sopra mi fa per esempio venire qualche dubbio al riguardo, mentre testi come quello qui sotto mi aiutano solo a ricordare che ripetere a pappagallo le solite quattro cose è uno sport comune.

PS: Ho letto lo studio dei ricercatori della Johns Hopkins University che afferma che se gli USA non avessero smesso di usare il plasma ci sarebbero potuti essere 29000 morti in meno negli USA. Mettiamola in questo modo: con i dati mostrati nell’articolo, l’unica possibilità pratica per ottenere quel risultato è che le sacche di plasma irradino qualcosa che cura anche chi non riceve quel plasma ma passava da quelle parti. Se non ci credete, guardate i numeri della Figura 1, poi fate un po’ di conti su quanti pazienti possono essere stati curati e quale era stata la differenza nel numero di morti in quel periodo.

In che anno è nata Elisabetta Sgarbi?

02:04, Monday, 19 2021 July UTC

La sorella di Vittorio Sgarbi (ma è sicuramente riduttivo definirla in questo modo), almeno secondo la Treccani è nata nel 1965. Eppure se si va a leggere una vecchia pagina cache di Google, fino a un mesetto fa la data di nascita della signora Sgarbi è indicata come “1956”. Nove anni prima. Come può essere?

Beh, l’ipotesi più semplice da fare è che la Treccani abbia copiato da Wikipedia, che almeno fino alla settimana scorsa affermava che la signora Sgarbi è nata a Ferrara il 9 luglio 1956. Come fa a dirlo? Beh, quello che è certo è che una Elisabetta Sgarbi nata a Ferrara il 9 luglio 1956 è iscritta all’albo dei farmacisti della provincia di Ferrara, dopo essersi laureata nel 1980. E in effetti anche la Gazzetta Ufficiale riporta il superamento dell’esame di stato nel 1980 (trovate il nome nella parte 7). E che Elisabetta Sgarbi sia laureata in farmacia lo dice lei stessa. E Vittorio conferma che sua sorella è nata il 9 luglio, non dice di che anno. Voi che ne pensate di questa inflazione di farmaciste ferraresi omonime?

(A onor del vero, il padre dei fratelli Sgarbi dichiarò in un’intervista che “Quando mia moglie era in attesa di Elisabetta, decidemmo di mandarlo in un collegio. L’idea fu di dargli un’educazione solida ma anche segnata da regole.” La data del 1965 a questo punto tornerebbe, perché Vittorio avrebbe avuto tredici anni. Elisabetta sarebbe nata quando la madre aveva 39 anni. Ma mi sembra che – a differenza della madre che era anche laureata in matematica – i figli abbiano problemi di conti. In questo video del 1996 Vittorio dice che “circa 22 anni fa” Beppe Grillo veniva in Porsche con un amico a trovare sua sorella “che aveva quindici anni, tipo”. Questo darebbe 1959 come data di nascita di Elisabetta: magari pigliamo quella data come media ponderata!

Come dare scandalo (in senso cattolico)

08:39, Tuesday, 06 2021 July UTC

La mia religione mi vieta di leggere cosa scrive certa gente. Purtroppo però, partecipando ai social, mi trovo amici e conoscenti che condividono cose; e se le condividono in troppi vado contro ai miei dettami. (Però continuo a non leggere i commenti se non una volta ogni mese o due, giusto per ricordarmi di com’è la gente). Così mi sono trovato questi due tweet di Mario Adinolfi.

Per la parte che riguarda Wikipedia, la risposta è molto semplice: Wikipedia non è l’anagrafe né la Gazzetta Ufficiale, quindi non può fare altro che riportare le notizie scritte da fonti autorevoli. Per amor di cronaca, una decina di minuti prima del secondo tweet di Adinolfi il luogo di morte era stato aggiunto, con relativa fonte. Vabbè, Adinolfi non sa come funziona Wikipedia. Ce ne faremo una ragione, e magari cercheremo di spiegare meglio come funziona. Ma non è quello il vero punto del mio post.

Sulle prime non avevo capito perché Adinolfi si lamentasse della mancanza del luogo della morte della Carrà, fino a che qualcuno ha scritto che probabilmente era convinto che fosse andata in Svizzera per poter avere l’eutanasia. Chiaramente dal punto di vista della dottrina della Chiesa cattolica – e Adinolfi si professa cattolico – dare scandalo è un peccato gravissimo. Quello che però Adinolfi pare non aver letto è il Catechismo della chiesa cattolica, che al §2284 recita «Lo scandalo è l’atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male.» Ora, se Adinolfi avesse scritto qualcosa tipo “Raffaella Carrà ha voluto uccidersi e finirà tra le fiamme dell’inferno” sarebbe stata una frase di pessimo gusto come tante delle sue, ma avrebbe avuto un certo qual senso dal punto di vista di un cattolico (nemmeno del tutto, perché non possiamo sapere se in punto di morte si fosse pentita). Ma il fatto stesso che non avesse voluto rendere pubblica la sua scelta fa sì che l’ipotesi alla base dello scandalo non c’è: non ha indotto nessuno a compiere il male.

Anzi, a dirla tutta è proprio Adinolfi che con le sue insinuazioni può avere indotto qualcuno a pensare all’eutanasia. Ma probabilmente lui non si rende conto di avere dato scandalo.

Video: Come va Wikipedia?

02:04, Monday, 05 2021 July UTC

La scorsa settimana Luca Martinelli (Sannita) e il sottoscritto (.mau.) siamo stati intervistati da Marco Ardemagni e Massimo Famularo di LiberiOltre a proposito dei vent’anni di Wikipedia. È uscito un video di più di un’ora. (Non ho controllato se c’è stata una postproduzione, ma credo che sia stato messo in linea direttamente senza tagli).

Non avevamo una scaletta specifica e quindi abbiamo molto divagato, ma secondo me siamo riusciti a far capire qual è la filosofia dietro a chi si prodiga per far sì che Wikipedia resti una risorsa utile per tantissima gente: fare le cose non per vantaggio nostro ma pensando ai fruitori.

Lo sapete che c’è anche il 2×1000?

07:59, Friday, 02 2021 July UTC

Quando si deve pagare le tasse sappiamo da decenni dell’esistenza dell’8×1000 alle chiese che hanno stretto un accordo con lo stato italiano e del 5×1000 alle associazioni non lucrative. Se non lo sapessimo siamo comunque martellati dalla pubblicità. Wikimedia Italia – che non gestisce Wikipedia in lingua italiana ma la promuove, oltre a occuparsi della promozione della cultura libera: non smetterò mai di ripeterlo – può ottenere da anni il 5×1000, che è una parte preponderante delle nostre entrate.

Quello che non tutti sanno è che ora è possibile anche destinare il 2×1000 non solamente ai partiti politici, come una volta, ma anche alle associazioni culturali. Se quindi preferite dare il vostro 5×1000 ad altri enti ma ci volete comunque bene c’è questa nuova possibilità. Il codice fiscale da usare è 94039910156. (No, non si può dare il 2×1000 a un partito e a un’associazione culturale, dovete fare una scelta).

Per massima trasparenza, qui trovate l’elenco di tutti gli enti ammessi al 2×1000, e qui trovate sia il bilancio 2020 che il bilancio sociale 2020; quest’ultimo non era ancora obbligatorio, ma abbiamo voluto portarci avanti col lavoro.

[EDIT] Per una strana congiuntura – nel 2020 abbiamo ricevuto i fondi del 5×1000 di due anni – il bilancio solidale 2020 era obbligatorio. Non è stato comunque un grande problema, perché l’avevamo già cominciato ad approntare.

OpenStreetMap ha problemi di sede legale

02:04, Thursday, 01 2021 July UTC

OpenStreetMap è spesso detta “la Wikipedia delle mappe”, perché ha lo stesso approccio: creare una mappa del mondo liberamente usabile e modificabile da chiunque. In effetti Wikimedia Italia fa parte della OpenStreetMap Foundation, ma questa è stata una nostra scelta: Wikimedia Foundation e OpenStreetMap Foundation sono entità separate, e persino le licenze d’uso per i materiali contenuti in Wikipedia e OpenStreetMap, anche se entrambe libere, sono differenti. Tra l’altro WMF è americana, mentre OSMF è britannica.

A quanto pare è proprio questo un problema. Il Guardian scrive che OSMF sta pensando di spostare la sede dall’UK nell’Unione Europea. La mia personale ipotesi è che quello che preoccupa la Foundation non sono tanto le spese finanziarie per le transazioni, e neppure il fatto che non possano avere un dominio .eu (tanto sono .org…) quanto la mancata protezione della loro base dati. In UE abbiamo una direttiva (la 96/09) che dà un diritto sui generis (quindi separato dal copyright) a chi ha creato una base dati. Da quanto ho capito, anche se i singoli dati presenti nel database sono liberi non è permesso copiare tutta la base dati, o anche solo una porzione notevole. Noi di Wikimedia Italia siamo contrari a questo concetto, ma abbiamo poche speranze che anche nella revisione che sta per essere fatta la situazione migliorerà. Ma quello che conta è che essendo questa una direttiva europea, dopo Brexit gli inglesi non sono più tenuti a rispettarla…

Vivere in un mondo interconnesso non è mai una cosa semplice, insomma.

Libero riuso delle immagini e mancati introiti

02:04, Tuesday, 22 2021 June UTC

Ormai lo dovreste sapere: una delle battaglie di Wikimedia Italia è quella di rendere liberamente fotografabili e pubblicabili, anche per scopi commerciali, le immagini del nostro patrimonio artistico. Dovreste anche sapere che ampi settori dei nostri governi – non importa di quale colore fossero – da quell’orecchio non ci sentono proprio. Ad ogni buon conto, la scorsa settimana in Commissione Cultura della Camera è stata approvata (all’unanimità…) una risoluzione che

impegna il governo ad adottare iniziative per promuovere, partendo dal recepimento della direttiva 2019/790/EU, una sistematizzazione ed un ammodernamento del quadro giuridico del diritto d’autore e dei diritti connessi, al fine di rimuovere i cosiddetti diritti connessi nel caso di riproduzione di opere delle arti visive di pubblico dominio non aventi carattere originale, come previsto dall’articolo 14 della direttiva UE 790/2019;

(per chi non è avvezzo ai temi, “non aventi carattere originale” significa che non si parla di foto artistiche ma semplicemente delle foto che si fanno per far vedere l’opera in questione.

Ieri un articolo del Sole-24 Ore ha finalmente tirato fuori un po’ di numeri sui ricavi che i musei a oggi ottengono dallo sfruttamento commerciale delle immagini delle loro opere. Veniamo così a scoprire che il tanto lodato accordo quinquennale con Bridgeman Images che avrebbe dovuto far vendere i diritti a chi fa questo mestiere ha portato ai tre musei che hanno firmato il protocollo (i Musei Reali di Torino, la Galleria Nazionale dell’Umbria e la Pinacoteca di Brera) dal 30 aprile 2019 al 31 gennaio 2021 la bellezza di 3550 (tremilacinquecentocinquanta) euro, di cui 616 da Brera (mica la pinacoteca di Pian del Re…).

E i musei che hanno scelto di fare da soli? beh, qualche soldo in più lo prendono, anche se bisogna tenere conto dei costi di gestione che nel caso Bridgeman non ci sono. Per esempio nel 2019 il Mart ha guadagnato 27000 euro. Ma sicuramente chi i soldi se li fa sono gli Uffizi, che nel 2018 – annus mirabilis, almeno a detta del portavoce del museo – hanno ricavato 452.735,50€ con le licenze. Mica pizza e fichi, direte! Certo. Ma per darvi un’idea del giro d’affari del museo, nel 2019 gli incassi dei biglietti sono stati 34 milioni. In altri termini, le licenze per uno dei musei più importanti del mondo “valgono” poco più dell’1% di quanto si ottiene con i biglietti. Secondo voi, insomma, ne vale la pena?

P.S.: A chi preferisce non parlare di soldi ma della necessità per lo Stato di controllare l’uso che viene fatto delle immagini ricordo che ci sono altri articoli del codice civile al riguardo, e che questo non ha nulla a che fare con un presunto “diritto di proprietà per osmosi” (non si può certo parlare di diritto d’autore per un dipinto rinascimentale…)

Enit Open Library

02:04, Monday, 21 2021 June UTC

In questi giorni Enit, l’agenzia nazionale per il turismo, ha lanciato il progetto Open Library. Tale progetto «nasce dalla volontà di mettere a disposizione degli stakeholder del turismo italiano un database di elementi multimediali distribuiti gratuitamente, con la finalità di fornire un ulteriore strumento a supporto della promozione turistica dell’Italia.» Tutte le immagini presenti hanno una licenza Creative Commons, che ne permette il riuso.

Bene, mi direte, non bastano già le immagini che si trovano su Wikimedia Commons? Beh, le risposte possibili sono due. La prima è che non è detto che Commons sia così noto a tutti quelli che cercano foto: non solo coloro della scuola “se una foto è su Internet la può usare chiunque” ma anche quelli che hanno una minima conoscenza del concetto di copyright. Ve lo dico subito: non sono così convinto della cosa.

La seconda risposta possibile è più interessante. Le immagini presenti su Commons hanno una licenza molto libera, essendo CC-BY-SA. Detto in altri termini l’autore permette qualunque tipo di riuso, anche commerciale, e qualunque tipo di manipolazione dell’immagine (che non sia diffamatoria, ma quello è indipendente dal diritto d’autore). Viene solo richiesto che sia indicato il nome dell’autore e che eventuali immagini derivate abbiano la stessa licenza. Enit Open Library invece accetta tutte le licenze CC, arrivando fino alla CC-BY-NC-ND nella quale è permesso solo l’uso non commerciale e lasciando intatta l’immagine. (Nella loro base dati ci sono già le immagini di Commons, naturalmente)

In teoria potrebbero esserci molti autori che non hanno mai postato le loro foto su Commons proprio perché vogliono mantenere un certo controllo sul loro uso; costoro potrebbero ritenere più interessante il concetto di Enit Open Library e quindi inviare le loro immagini là. In pratica? Non lo so, ma credo che sarà interessante vedere come evolverà la situazione: ecco perché è importante far conoscere l’esistenza di questo progetto.

La “conoscenza” di Google

02:04, Wednesday, 14 2021 April UTC

Quando fate una ricerca Google, spesso trovate nella colonna di destra un risultato già pronto, molto spesso da Wikipedia. Per dire, se io mi cerco arriva il risultato che vedete qui a sinistra. (Your mileage may vary: probabilmente a voi potrebbe arrivare il calciatore mio omonimo). Generalmente quelle informazioni sono prese da Wikipedia, citando regolarmente la fonte; ci sono eccezioni come nel mio caso, visto che come sapete Wikipedia non ha una voce su di me e quindi le informazioni arrivano dal sito del mio editore, ma in genere funziona così. Google aveva anche cercato di creare una sua base di conoscenza, ma alla fine ha visto che era più semplice dare du’ spicci alla Wikimedia Foundation e sfruttare il lavoro dei wikipediani. Solo che ci sono alcuni problemi…

A volte capita qualcuno che si lamenta perché trova un insulto nel testo di quella colonna, insulto che però non appare da nessuna parte su Wikipedia. Non sto a spiegarvi come lo si può fare, anche se è un segreto di Pulcinella; in quel caso però la colpa è in effetti anche di Wikipedia. Ma ci sono casi peggiori. Nell’ultimo mese, per due volte sono stato contattato da qualcuno che trovava la sua foto con allegata la descrizione da Wikipedia di tutt’altra persona, e chiedeva di toglierla. Il primo caso è stato quello di un giornalista a cui corrispondeva la biografia di un avvocato del secolo scorso; la seconda persona è Mario Moroni, che se vi ricordate mi aveva intervistato un paio di mesi fa. Qui Wikipedia non c’entra proprio nulla; molto semplicemente, le voci mostrate non hanno immagini a corredo – ricordate che anche le immagini su Wikipedia devono avere una licenza libera, quindi spesso è impossibile averne qualcuna. E allora che fa Google? Cerca in giro e prende l’immagine più cliccata corrispondente a quel nome-e-cognome, nel migliore esempio di stupidità applicata.

Ma la cosa peggiore è che Moroni prima di me aveva contattato Google che gli aveva detto che la colpa era di Wikipedia; e dopo che lui aveva riportato la mia risposta gli hanno replicato che se non c’è una voce wiki su una persona inseriscono la descrizione dell’omonimo con la foto di quella persona perché non possono verificarla. Posso dire che c’è qualcosa che non funziona in questo approccio?

Wikipedia farà pagare le aziende che la sfruttano?

03:04, Friday, 19 2021 March UTC

In questi giorni si è parlato molto del progetto di Wikipedia “per farsi pagare dai Big Tech”: potete per esempio leggere HDBlog oppure (in inglese) Wired. Ho sentito anche alcuni wikipediani che si sono lamentati perché in questo modo Wikipedia introduce una differenza tra utenti di serie A e di serie B. Io personalmente non sono così negativo su questa novità, anche se ho dei dubbi sulla sua utilità pratica. Provo a spiegarvi il perché.

Innanzitutto, forse conviene partire dalle fonti originali: qui c’è la presentazione ufficiale del progetto sul blog della Wikimedia Foundation, mentre queste sono le FAQ, quasi tutte tradotte in italiano al momento in cui sto scrivendo questo post. Vi ricordo innanzitutto che la licenza d’uso di Wikipedia permette il riuso del materiale anche a scopi commerciali, e quindi non si può forzare nessuno a fare nulla. A questo punto l’unico modello possibile è quello di fornire un servizio freemium. Vuoi qualcosa più comodo? Paghi. Ecco dunque l’idea alla base di Wikimedia Enterprise: i pochi grandi player che hanno bisogno di tanti dati possono decidere di pagare per averli in modo più rapidamente usabile. Se non riterranno che il gioco valga la candela, continueranno a fare come ora: immagino che l’idea della Wikimedia Foundation sia che ci sarà una pressione esterna (“guardate XXX! Con tutti i soldi che guadagna non vuole nemmeno spendere du’ spicci per l’accesso Enterprise a Wikipedia!”). La cosa ha senso: nessuno ci perde, visto che le informazioni saranno sempre disponibili e a noi comuni mortali i metodi attuali per ottenerle da Wikipedia sono sufficienti. Fin qui per le buone notizie.

E le notizie cattive? La prima l’ho accennata all’inizio. La comunità dei wikipediani non è per nulla convinta di questa svolta. Un paio di anni fa la Wikimedia Foundation chiese al movimento quali dovevano essere le priorità per Wikipedia nel prossimo decennio; la creazione di queste API rimase in fondo alla classifica. Perché allora è stata implementata praticamente per prima? Ufficialmente perché era l’unica proposta la cui preparazione dipendeva solo dalla WMF. È possibile che sia successo effettivamente questo, ma da un punto di vista politico non mi pare una grande idea. La seconda è che la manutenzione di questo nuovo sistema potrebbe distogliere risorse dal miglioramento di altre caratteristiche tecniche di Wikipedia che sarebbero più comode per chi le voci le crea e mantiene in ordine. Questo non dovrebbe capitare, di per sé: ma cosa succederà se ci si accorgesse che certe scelte implementative rendono più complicato gestire Wikipedia Enterprise?

Ad ogni modo, nel breve termine noi utenti non vedremo nulla di diverso dal solito: inutile insomma fasciarsi subito la testa!